Puskas, Hidekguti, Kocsis, Budai e Czibor restano solo dei suoni senza senso e non i nomi di chi osò distruggere le certezze del calcio. Ma nel calcio restano i numeri e l’Ungheria perse quel mondiale. Era passato poco più di un mese dall’impresa quando l’Aranycsapat si trovò a disputare il primo mondiale europeo del dopoguera. Era il 23 maggio del 1954. Probabilmente il Nepstadion di Budapest era gremito. Si sa, il magiaro è una lingua dai suoni assurdi per noi neolatini, ma qualche persona sulla cinquantina sentirà correre un brivido sentendo nominare ad esempio il nome del colonnello Ferenc Puskas, uno dei più grandi calciatori di sempre, che dopo i fatti del ’56 a Budapest si trasferirà a Madrid, nel grande Real e prenderà persino la nazionalità spagnola. Del che gioiranno in particolare due vaste moltitudini: quella, più esterna al mondo accademico, degli aspiranti tagliatori di teste eccellenti per riflesso condizionato, sempre più affollata e influente, in tenuta Brexit permanente, sostanzialmente disinteressata al merito dei problemi; e quella, più interna al variopinto mondo universitario, 900 docenti e 800 amministrativi, delle mille camarille corporative, la cui nostalgia del lunghissimo regno ‘cerchiobottista’ precedente, concluso formalmente meno di quattro anni fa (1° novembre 2013) ma nella sostanza appena sotto pelle ancora oggi, non può che ritrovare respiro (senza neppure essersi mai esposta a chiedere pubblicamente dimissioni), dall’uscita improvvisa di scena del Rettore che le aveva impresso una torsione ‘dirigista’, a marce forzate.
Lui lo prese e lo posizionò dietro alla punta centrale, Puskas, e alle due ali, inventandosi un 4-2-4 da sogno. Raccogliere tutti i dati è riorganizzarli è stato molto complicato, primo perché le mie facoltà intellettive rasentano il ritardo, secondo perché chiedere un opinione su tale questione alle donne è stato come aprire il vaso di pandora. O meno iperbolicamente: da un lungo andazzo senza alcun Disegno capace di pensare l’Ateneo come un corpo istituzionale unitario e unitariamente orientato verso fini comuni – andazzo alquanto gradito al mondo accademico, evidentemente, se il Rettore che lo incarnava ha vinto ben 3 elezioni -, a un’impennata politica repentina, e dichiaratamente ambiziosa, maglie milan quale quella di cui è stato protagonista assoluto Loris Borghi. Senza dargli atto di questa ambizione politica unificante, e senza riconoscerne la necessità, in un tempo di frammentazioni crescenti, e per quanto concerne il variopinto mondo accademico, di antiche abitudini corporative, che hanno finito per tradire le aspirazioni culturali universalistiche sulle quali l’idea stessa di università è nata, in epoca medioevale – senza questo, dicevo, non si comprenderebbe nemmeno il senso pieno delle sue dimissioni, al di là del dato contingente, costituito dall’inchiesta Pasimafi (su cui ho scritto nel post precedente).
Come dire: la vicenda strettamente giudiziaria, da sola, legata, a quanto dicono i giornali, al trasferimento a Parma, da Pavia, di un ricercatore, maglia calcio retro non è considerata come sufficiente a motivare delle dimissioni. Usufruirai dello sconto direttamente nel carrello e potrai fare incetta di articoli delle ultime collezioni Nike. Leggendo attentamente l’ampia e articolata argomentazione affidata alla lettera di dimissioni, è ben chiaro che queste vengono motivate con il «tourbillon di infamia e violenza delle ultime settimane», che rischiava di investire l’Università, e non solo la persona di Loris Borghi. Ma fermarsi al piano moralistico-giudiziario (abitudine ahimè diffusa, che sminuisce anzitutto l’habitué di turno), per cercare di comprendere l’ascesa prima e l’uscita di scena poi di Loris Borghi, fa perdere di vista le questioni vere, che Borghi ha cercato di prendere di petto, e che rimangono drammaticamente sul tappeto. Esposta in molti musei di tutto il mondo, da allora quest’opera non era mai più stata vista in Italia.
Nella sua lettera, egli rivendica tutto quel che ha fatto, errori inclusi (menzionati genericamente, ma menzionati), come parte di un grande progetto nel quale era immerso anima e corpo, che mirava, sottolinea, al «bene dell’università». La Lega, riferisce Agipronews, ha chiesto un approfondimento per capire se la deroga prevista dalla legge per il divieto di pubblicità – subito operativo, ma con “tolleranza” di un anno per i contratti già esistenti – fosse valida anche per le sponsorizzazioni, il cui stop era previsto dal 1° gennaio 2019. Nella riunione di ieri, il Consiglio dell’Agcom «ha espresso l’indirizzo secondo cui anche i contratti di sponsorizzazione in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto Dignità (12 luglio 2018, ndr) rientrano nell’ambito applicativo» della deroga di un anno, si legge nel documento indirizzato al numero uno della Lega Miccichè e firmato dal presidente di Agcom, Angelo Marcello Cardani. L’azienda è tra i leader internazionali nel suo settore e questo ne fa un compagno di viaggio ideale per l’espansione e lo sviluppo del nostro brand, anche all’Estero. Creatura Cicala. Senza via di uscita, Fred usa la forza per rompere un muro e darsela e fuggire, e attirano la Creatura Cicala verso la Mystery Machine, e quando tutti e cinque vengono ricoperti dagli insetti, l’enorme aspirapolvere posto nel furgoncino si aziona, risucchiando ogni cicala, e smascherando la mente del piano come Nonna Gelsomina.